Cos’è la Carità?

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1 • Carità: “beauty farm” dell’anima?

Il 99.999999% delle persone che conosco fa “carità” (tra ventisette virgolette) per i seguenti motivi:

  • 80% per orgoglio (quelli che postano su Instagram le foto in cui mostrano «quanto sono bravi»);
  • 15% per i sensi di colpa (così stanno a posto con la coscienza);
  • 4,999999% perché costretti.

Nel terzo gruppo rientravo io, tutte quelle volte in cui – quando ero ragazzino – veniva organizzato in parrocchia il «volontariato» alla mensa Caritas.

mensa caritas

Che poi, detto tra noi, il fastidio non era neanche tanto la puzza, quanto le “condivisioni” che si facevano in parrocchia, una volta rientrati, dopo la nostra “opera pia e disinteressata”:

carita condivisione

(INTERMEZZO 1) • Saggezza popolare

Dio ti salvi dai lampi e tuoni
e dai tristi che fanno i buoni.

(Proverbio italiano)

2 • Carità: un concetto sorpassato?

Ho notato che in molte parrocchie la parola «carità» non gode di buona fama.

Ha un che di “demodé”.

È un po’ troppo “decchiesa”; ha quel sapore un po’ stantio di incenso, vecchiette del rosario e olio di nardo.

Anziché usare questa parola, spesso si preferisce dire «volontariato».

In questo modo, è anche più facile confrontarsi con chi non è cristiano, e utilizza altre parole come «altruismo», «filantropia» o «umanitarismo».

volontariato

Però c’è una cosa che mi lascia perplesso.

Nel “dialogo” tra le realtà parrocchiali che si dedicano ai poveri e le associazioni “socio-assistenziali” laiche, spesso passa il seguente messaggio (parola più, parola meno):

Per «fare i bravi», alla fin fine, è sufficiente:

  1. rimboccarsi le maniche;
  2. avere un po’ di buona volontà.

Sì, ok, Gesù ci sta pure simpatico eh, ci mancherebbe!

Però dai, siamo nel terzo millennio, ormai abbiamo capito come dobbiamo comportarci.

Al più, ci potrà servire un «life coach» per darci il giusto “asseto mentale”.

(INTERMEZZO 2) • But first…let me take a #selfie!

carità selfie

«State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli. Dunque, quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente.
In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa.
Invece, mentre tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà»

(Mt 6, 1-4)

3 • Che cos’è la Carità?

Ecco cosa scriveva il buon don Luigi Maria Epicoco, sacerdote e teologo italiano (classe 1980):

Quando parliamo della Fede, della Speranza e della Carità, diciamo che ci troviamo davanti alle virtù teologali.
L’oscura parola “teologale” accanto a “virtù” significa una cosa molto semplice: queste virtù vengono date da Dio e non sono dotazione dell’armamentario caratteristico del nostro essere umani.
Eppure nella prassi normale del nostro vivere capita che certe volte entriamo in un circuito di sensi di colpa prodotto proprio dalla Fede, dalla Speranza e dalla Carità.
Tutto ciò si attiva perché pensiamo, senza rendercene conto, che la Fede, la Speranza e la Carità siano sforzi nostri, umani; e siccome il più delle volte non riusciamo a vivere a pieno la dinamica di questi tre doni, ci sentiamo in colpa, ci sentiamo mancanti.

(LUIGI MARIA EPICOCO, Sale non miele, San Paolo, Cinisello Balsamo 2017, pag. 49)

esercizi di carità

Prosegue don Luigi:

Nessuno in realtà è capace da solo di Fede, o di Speranza o di Carità.
Al massimo, umanamente, noi siamo capaci di fiducia, che è faccenda diversa rispetto alla Fede, siamo capaci di ottimismo, che è cosa diversa dalla Speranza, e siamo capaci di bene, che è materia diversa dalla Carità.
Ora, è ovvio che al dono teologale della Fede, della Speranza e della Carità devono corrispondere atteggiamenti umani, ma gli atteggiamenti umani da soli non bastano.

(LUIGI MARIA EPICOCO, Sale non miele, San Paolo, Cinisello Balsamo 2017, pag. 49)

(INTERMEZZO 3) • Un’ernia (spirituale) di bontà!

E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per essere bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova.

(1 Cor 13,3)

Proprio qui si colloca il cuore della polemica di san Paolo con i farisei, la discussione sulla salvezza mediante la fede o mediante le opere della legge. Ciò che san Paolo rifiuta è l’atteggiamento di chi vuole giustificare sé stesso davanti a Dio tramite il proprio operare. Costui, anche quando obbedisce ai comandamenti, anche quando compie opere buone, mette al centro sé stesso, e non riconosce che l’origine della bontà è Dio.
Chi opera così, chi vuole essere fonte della propria giustizia, la vede presto esaurirsi e scopre di non potersi neppure mantenere nella fedeltà alla legge.

(PAPA FRANCESCO, Lett. enc. Lumen Fidei, 21)

disagio sociale

4 • «…il secondo poi è simile a quello: amerai il tuo prossimo come te stesso» (Mt 22,39)

Qualche anno fa, Benedetto XVI scriveva queste righe:

È venuto il momento di riaffermare l’importanza della preghiera di fronte all’attivismo e all’incombente secolarismo di molti cristiani impegnati nel lavoro caritativo.

(BENEDETTO XVI, Lett. enc. Deus Caritas est, 37)

Questa frase forse ha fatto storcere il naso a qualche cristiano «un po’ troppo attivo e poco contemplativo»… del tipo:

  • «Maddai, basta con queste clericalate! Meno preghiera, più azione!»
  • «Ma poi, che credibilità può avere Ratzinger, che scriveva queste cose dalle quattro mura della sua stanzetta di pizzi e di merletti! Almeno Francesco un po’ le mani se le è sporcate!»

Mmmm… va bene!

Togliamo allora la parola al pastore tedesco e lasciamola a Madeleine Delbrêl.

Madeleine Delbrêl (1904-1964) era un’assistente sociale francese; è stata impegnata, per tutta la vita, nella periferia operaia di Parigi, nella quale si è spaccata la schiena per i poveri.

Madeleine era anche una mistica e una direttrice spirituale; ci ha lasciato un gran numero di scritti, che profumano di santità, ortodossia e amore per la Chiesa (qui lo dico e qui lo nego, secondo me Madeleine Delbrêl sarà proclamata «Dottore della Chiesa» entro i prossimi 100 anni).

Ora.

C’è un brano del Vangelo, molto famoso, in cui i farisei (cioè gli «Hermione Granger» della Giudea del I secolo) fanno “domande trabocchetto” a Gesù per metterlo in difficoltà:

Allora i farisei, avendo udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». Gli rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti»

(Mt 22, 34-40)

Ecco come Madeleine, nel 1950, commentava questo passo:

È l’amore di Dio il primo comandamento. Ma il secondo gli è simile: soltanto attraverso gli altri noi possiamo rendere a Dio amore per amore.
Il pericolo è che il secondo comandamento diventi il primo.
[…]
La fede e la speranza è la preghiera che ce le dà. Senza pregare, noi non potremo amare.
[…]
Saranno la fede e la speranza, dilatate dalla preghiera, a liberare il cammino del nostro amore dal suo ostacolo più ingombrante: la preoccupazione di noi stessi.
Il terzo pericolo è quello di amare non «come Gesù ci ha amati» ma alla maniera umana. Ed è forse il più grave dei pericoli. Perché l’amore umano, partecipando dell’Amore, è una cosa bella e grande. I non credenti possono amare gli altri di un amore magnifico. Ma noi, non a quest’amore siamo stati chiamati. Non è il nostro amore che dobbiamo donare: è l’amore di Dio.

(MADELEINE DELBREL, nota del 1950, da La gioia di credere Gribaudi, Torino 2012, p. 74)

5 • Carità: stare a “bagnomaria” nell’amore di Dio

In un’altra nota, la Delbrêl scriveva:

La carità noi non la «facciamo», anche se è nostra.
Dio, e Dio solo, può «fare» la carità. Noi dobbiamo chiedergliela, noi dobbiamo riceverla.
[…]
Non dobbiamo essere né gli agitati né gli attivisti della carità.
Dobbiamo essere i passivi, i pazienti, coloro che sostengono la passione della carità: attraverso ciò, e solamente attraverso ciò, l’azione amante di Dio potrà passare nel mondo.

(MADELEINE DELBREL, nota del 1956, da La gioia di credere Gribaudi, Torino 2012, p. 82)

Contro il pericolo dell’attivismo, contro l’illusione di diventare più buoni con uno sforzo in più, contro il rischio di scivolare nella superbia (che è sempre dietro l’angolo in questi contesti), Madeleine suggerisce la strada che tanti santi prima di lei hanno percorso: preghiera, silenzio, pazienza, povertà di spirito.

La sua docilità e mitezza mi hanno ricordato quelle di Madre Teresa di Calcutta

matita nelle mani di dio

(A tempo perso, andatevi a cercare su Google quanto tempo Madre Teresa passava, ogni giorno, a fare adorazione eucaristica, prima di portare agli altri ciò che lei per prima aveva ricevuto da Dio)

La carità è un dono.

E l’unico modo per ottenerla è stare in compagnia della Persona che può farci questo dono:

[…] quando ci accorgiamo di non avere questi tre doni [Fede, Speranza e Carità], invece di star male e di sentirci in colpa, dovremmo fare la cosa più semplice al mondo: domandarli.
[…]
Non ci accorgiamo che la stragrande maggioranza delle cose importanti della nostra vita spirituale sono dono, e il dono lo si accoglie solo e soltanto con la logica di un bambino che va dalla madre e dice: «Ho bisogno di…»
Qual è la malattia peggiore che può colpirci nella nostra vita spirituale? L’autosufficienza, il pensare di non avere bisogno di nessuno. Pensare che noi dobbiamo crescere al punto di sbarazzarci dell’aiuto di tutti, compreso quello di Dio. La maturità spirituale è esattamente il contrario: è capire che noi abbiamo una dipendenza nei confronti di Dio.

(LUIGI MARIA EPICOCO, Sale non miele, San Paolo, Cinisello Balsamo 2017, pag. 49)

Conclusione

Scriveva ancora Madeleine Delbrêl:

Non s’impara la carità, se ne fa la conoscenza a poco a poco imparando a conoscere il Cristo.
È la fede nel Cristo che ci rende capaci di carità.
[…]
È lo spirito del Cristo che ci fa vivi di carità, attivi mediante la carità, fecondi di carità.

(MADELEINE DELBREL, scritto per un gruppo in partenza per la Costa d’Avorio, 1961, da La gioia di credere Gribaudi, Torino 2012)

…e niente…
Per non prenderci troppo sul serio, ci salutiamo con un pensiero di Douglas Adams:

Non solo, per così dire, la loro mano sinistra non sapeva sempre cosa facesse la destra: molto spesso nemmeno la destra sapeva bene cosa stesse facendo.

(DOUGLAS ADAMS, da Praticamente Innocuo, quinto libro della serie della Guida galattica per gli autostoppisti)

sale

(Estate 2020)

Fonti/approfondimenti

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