In che consiste la santità?

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1 • Santità? Vade retro!

La santità, nel contesto culturale in cui viviamo, è qualcosa a metà tra il cringe e il terribilmente fastidioso.

Sia per i non credenti, sia per i cristiani.

Tanto gli uni, quanto gli altri, credono che essere santi significhi:

  • fare tante rinunce e sacrifici;
  • sorridere sempre, a costo di farsi uscire un’ernia;
  • avere buoni sentimenti «nonostante tutto»;
  • sforzarsi di essere bravi… eroicamente bravi.
santita ned flanders

Non a caso, il filosofo tedesco Friedrich Nietzsche (1844-1900) faceva dire al suo Zarathustra questa frase:

Mi fanno pena questi preti: per me sono dei prigionieri e dei marchiati. Colui che essi chiamano redentore, li caricò di ceppi. Di ceppi di falsi valori e di folli parole! Ah, se qualcuno potesse redimerli dal loro redentore!

(FRIEDRICH NIETZSCHE, Così parlò Zarathustra, Parte seconda, Dei Preti)

2 • Santini diabetici e agiografie petalose

Nei libri di catechismo che avevo quando ero piccolo, nelle catechesi che ricevevo in oratorio, in tutto il materiale decchiesa che mi è capitato sotto gli occhi nel mio periodo di vita 0-18 anni, i santi spesso apparivano come persone fuori dalla realtà:

  • capaci di gesti eclatanti;
  • indifferenti alla miseria o agli insulti;
  • pieni di un grande spirito di abnegazione;
  • pronti a gesti di altruismo talmente disinteressati da far paura;
santita lenti arcobaleno

Spesso, nelle rappresentazioni della pietà popolare, i santi sono ritratti in pose pie e devote, con quei sorrisetti a metà tra il narcotizzato e il tristanzuolo, e quelle espressioni che sembrano dire qualcosa del tipo «sono solo un piccolo cucciolo di Labrador» ma anche «sappiamo entrambi che io sono una persona migliore di te»

Sconsolato da queste agiografie, il sacerdote spagnolo Josemaría Escrivá (1902-1975) scriveva:

Non ho mai apprezzato quelle biografie che ci presentano – con ingenuità, ma anche con carenza di dottrina – le imprese dei santi come se essi fossero stati confermati in grazia fin dal seno materno.
Non è così.
Le vere biografie degli eroi della fede sono come la nostra storia personale: lottavano e vincevano, lottavano e perdevano; in tal caso, contriti, tornavano alla lotta.

(JOSEMARÍA ESCRIVÁ, È Gesù che passa, punto 76)

Anche Benedetto XVI ripeteva lo stesso concetto:

Cari amici, ripetutamente l’immagine dei santi è stata sottoposta a caricatura e presentata in modo distorto, come se essere santi significasse essere fuori dalla realtà, ingenui e senza gioia. Non di rado si pensa che un santo sia soltanto colui che compie azioni ascetiche e morali di altissimo livello e che perciò certamente si può venerare, ma mai imitare nella propria vita.
Quanto è errata e scoraggiante questa opinione!
Non esiste alcun santo, fuorché la beata Vergine Maria, che non abbia conosciuto anche il peccato e che non sia mai caduto.
Cari amici, Cristo non si interessa tanto a quante volte nella vita vacilliamo e cadiamo, bensì a quante volte noi, con il suo aiuto, ci rialziamo.
Non esige azioni straordinarie, ma vuole che la sua luce splenda in voi.
Non vi chiama perché siete buoni e perfetti, ma perché Egli è buono e vuole rendervi suoi amici.
Sì, voi siete la luce del mondo, perché Gesù è la vostra luce. Voi siete cristiani – non perché realizzate cose particolari e straordinarie – bensì perché Egli, Cristo, è la vostra, nostra vita. Voi siete santi, noi siamo santi, se lasciamo operare la sua Grazia in noi.

(BENEDETTO XVI, discorso nella veglia di preghiera con i giovani, 24 settembre 2011, in occasione del viaggio apostolico in Germania, 22-25 settembre 2011)

3 • Ansia da prestazioni?

Molte persone credono che la santità sia qualcosa di auto-centrato.

Qualcosa del tipo: «Ok, oggi mi rimbocco le maniche e provo ad essere santo!».

Purtroppo non è questa la strada.

La santità non si realizza “a partire da me”:

  • sforzandomi di fare il bravo;
  • provando ad essere più buono;
  • pianificando una strategia di crescita personale;
  • facendo zapping su Youtube in cerca dei «5 consigli per diventare una persona migliore»
santita sensi di colpa

Scriveva papa Francesco:

Un impegno mosso dall’ansietà, dall’orgoglio, dalla necessità di apparire e di dominare, certamente non sarà santificante.
La sfida è vivere la propria donazione in maniera tale che gli sforzi abbiano un senso evangelico e ci identifichino sempre più con Gesù Cristo.

(PAPA FRANCESCO, esortazione apostolica sulla chiamata alla santità nel mondo contemporaneo Gaudete et exultate n.28)

4 • Spostare il baricentro

L’etimologia della parola «santo» è molto interessante:

[…] la parola “santo”, “kadosh” in ebraico, non vuol dire: «Uno che ha l’aureola o un tizio che quando cammina emette profumo di rosa»… in ebraico, santo, kadosh vuol dire distinto, separato, diverso dal profano, e ciò che è santificato che si è fatto altro rispetto a quello che non è adeguato al Signore. La santità consiste in un taglio

(FABIO ROSINI, L’arte di guarire: l’emorroissa e il sentiero della vita sana, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2020, versione Kindle, 88%)

La santità consiste in un taglio.

Non consiste in una mutilazione, ma in un taglio.

I santi sono persone che sono state potate da Dio (cfr. Gv 15,2).

Si sono fatti plasmare da Lui.

Attraverso tutte le vicende della vita, i desiderî, le croci, le ferite, ciò che faceva battere loro il cuore, le fragilità, le inquietudini…

…nella quotidianità:

Dovete invece comprendere adesso – con una luce tutta nuova – che Dio vi chiama per servirlo nei compiti e attraverso i compiti civili, materiali, temporali della vita umana: in un laboratorio, nella sala operatoria di un ospedale, in caserma, dalla cattedra di un’università, in fabbrica, in officina, sui campi, nel focolare domestico e in tutto lo sconfinato panorama del lavoro, Dio ci aspetta ogni giorno. Sappiatelo bene: c’è un qualcosa di santo, di divino, nascosto nelle situazioni più comuni, qualcosa che tocca a ognuno di voi scoprire.

(JOSEMARÍA ESCRIVÁ, Colloqui, Ares, Milano 1987, nn. 34, 24 e 114)

Non è dall’altra parte del mondo, ma nelle circostanza della mia vita che ho il mio appuntamento con Dio.

Ed è restando in queste circostanze che posso accogliere questa chiamata alla santità (nella sinergia tra la grazia di Dio e la mia libertà)…

…santità che però ha un solo parametro di giudizio:

La misura della santità è data dalla statura che Cristo raggiunge in noi, da quanto, con la forza dello Spirito Santo, modelliamo tutta la nostra vita sulla sua.

(BENEDETTO XVI, Catechesi nell’Udienza generale del 13 aprile 2011)

imitare gesu

No, l’esatto opposto:

Ogni santo […] è un progetto del Padre per riflettere e incarnare, in un momento determinato della storia, un aspetto del Vangelo.

(PAPA FRANCESCO, esortazione apostolica sulla chiamata alla santità nel mondo contemporaneo Gaudete et exultate n.19)

Ogni santo incarna UN aspetto della vita di Gesù (*).

(*) (persino il tanto osannato Francesco d’Assisi: un mio amico sacerdote ricordava che «san Francesco era un cristiano; e non Gesù un francescano»… e queste righe sono scritte da una persona che vuole tanto tanto tanto bene a Francesco d’Assisi!)

5 • Mendicare la grazia

Stando all’opinione pubblica, i discepoli di Gesù dovrebbero perseguire un certo virtuosismo morale.

Mi dispiace, ma… non è così!

«Virtù» e «santità» sono due cose molto diverse:

L’equivalente greco del termine “virtù” (areté) non appare mai sulle labbra di Gesù e molto raramente nel Nuovo Testamento (Fil 4,8; 2Pt 1,5).
Il discepolo di Gesù non è chiamato alla virtù ma alla santità, e a una santità che non è sua se non in Gesù.

(ANDRÉ LOUF, Sotto la guida dello spirito, Qiqajon, Magnano (BI) 2005, p.61)

Troppe persone (credenti e non) pensano che il cammino della santità segua quest’ordine:

  1. Prima provo a «sforzarmi per essere più buono»
  2. …in questo modo «Dio mi vorrà bbbene»!
puzzette in ascensore

Non è così!

Il cammino per la santità segue una strada diametralmente opposta:

  1. Nella relazione con Lui, nell’amicizia con Lui, sotto il Suo sguardo paterno, accogliente, paziente, benevolo, che mi scarica di tutti i sensi di colpa, sgonfia tutte le mie pippe mentali, allontana tutti i miei moralismi… dopo che ho fatto esperienza che stando con Lui sono più felice
  2. …inizio a vivere la vita nuova in Cristo e dunque il mio comportamento cambia!

Ovvero, come disse una volta Franco Nembrini, insegnante, saggista e pedagogista italiano (classe ’55):

Essere buoni è possibile se si è molto felici; solo se si è molto felici si può provare a essere buoni.

(FRANCO NEMBRINI, Di padre in figlio. Conversazioni sul rischio di educare, Ares, Milano, 2011, p. 48)

Conclusione

Scriveva don Luigi Epicoco, sacerdote italiano (classe ’80):

Se qualcuno ci domandasse del perché convenga farsi santi, dovremmo rispondere alla maniera di Bernanos: per non marcire.
La nostra vita è costantemente sull’orlo di marcire, ma questa non è una considerazione pessimistica. Al contrario, è una visione molto ottimistica.
Le cose che rischiano di marcire sono le cose vive, le cose traboccanti di vita.
Le cose morte, le cose secche, non rischiano di marcire, perché in loro non c’è più nessuna vita e quindi nessun rischio.
Il sangue sgorga da un corpo vivo. Una malattia si sviluppa lì dove c’è vita. Una piaga fa male perché vulnera un corpo vivo.
La santità è il tentativo di mantenere la vita viva, di non lasciare che vada a male.

(LUIGI MARIA EPICOCO, Sale non miele, San Paolo, Cinisello Balsamo 2017, pag.7)

sale

(Inverno 2021-2022)

Fonti/approfondimenti

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